Prima di cominciare la trattazione della terminologia dei macellai mi sembra opportuno integrare questa ricerca con le denominazioni utilizzate da essi stessi per indicare gli animali vivi.
Bovini maschi
Per quanto riguarda i bovini, le fonti da me intervistate hanno genericamente utilizzato i termini di viteddu e viteddi (prop. vitello e vitelli).
In effetti, si è potuto in seguito precisare che per viteddu, s’intende principalmente il bovino appena nato, mentre il vitello oltre il diciottesimo anno di età è chiamato vistiolu. Verso il terzo anno d’età, u vistiolu diventava toro o tauru e veniva in genere utilizzato per la monta delle vacche. Infine, quando è rasatu, diventa iencu o encu. Per rasatu s’intende un bovino che ha tutti i denti “pareggiati” ossia che ha portato a termine la muta di tutti i denti da latte, i quali hanno raggiunto tutti la stessa altezza; fase che è completa oltre il settimo anno di vita dell’animale ma non meglio determinabile.
In passato si usava castrare i vitelli destinati al traino dell’aratro, e in questo caso assumevano il nome di vòi “bue”.
Bovini femmine
Per la femmina del bovino si usano le sole denominazioni di inizza, quando non ha ancora partorito, e di vacca, dopo il parto. A Tal proposito sia l’accoppiamento per il maschio, che il parto per la femmina vengono detti suvizu /suvidzu/ “fìciru suvizu”.
Suini
Per i suini, la terminologia si limita a diminuitivi o accrescitivi. Il maiale quindi nell’arco della propria vita nasce puccidduzzu e diventa pucceddu. Nel periodo dell’ingrasso è detto poi puccidduni, raggiungendo la maturità in poccu.
Ovini
Anche per gli ovini e per i caprini i nomi cambiano in base al sesso e all’età.
Per gli ovini, procedendo dalla nascita si ha agneddu e agnedda (fìmmina), crastu e pècura. Se l’agnello è castrato ossia sanatu si ha u crastagneddu.
Per i caprini, si ha u ciaraveddu, sia esso maschio che femmina, u beccu e a crapa.
Se però le denominazioni di ovini e caprini non cambiano, sia si tratti di animali vivi sia di animali macellati, lo stesso non accade per i suini e i bovini.
La carne degli animali
Per quanto riguarda la carne suina, occorre precisare che i nostri informatori parlano di carni (o canni) di maiali. Ma ad una domanda specifica, sebbene si protendesse sempre per il termine maiali, si precisava che anticamente era usato maggiormente carni (o canni) di poccu. Anche se per poccu s’intendesse maggiormente l’animale vivo.
Per la carne bovina i clienti si limitavano a specificare di volere a carni (o canni) rossa, nel senso di carne “grossa” (non di colore rosso) rispetto alla carne ovina e suina.
Ancora una nota merita il termine vaccina, oggi inteso come termine dialettale.
Il sig. Gelardi dice, infatti, che in passato si usavano entrambi i termini, vaccina e carni rossa.
Pollame
E infine, da sottolineare che nelle macellerie non si vendeva il pollame ossia polli o bipedi di vario genere. Questo genere di animali erano comunemente allevati in casa e i termini come addu (gallo), addina (gallina), allinacciu (tacchino), allotta (tacchino femmina), inniu (tacchino) erano dunque di uso domestico.
Ovviamente questi termini erano conosciuti anche dai macellai. Ma questi termini non appartenevano alla sfera professionale.